Il discorso ufficiale del Sindaco per il Quattro Novembre

Pubblicato il 4 novembre 2022 • Comune , Cultura , Giovani , Politica , Scuola

Oggi, 4 novembre celebriamo la ricorrenza della vittoria dell’Italia nella 1° Guerra Mondiale, delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale. Nel preparare questo mio intervento e ripercorrendo seppur in forma semplificata il contesto storico dell’epoca, ho trovato però molte analogie con attuali situazioni geopolitiche. Situazioni che hanno riportato lo scoppio di una guerra in Europa ma anche di polveriere che da tempo stanno covando dall’altra parte del mondo. Prima che si giunga ad una terza, e non potendo ignorare il particolare contesto storico nel quale ci troviamo, ritengo sia obbligo contestualizzare gli errori che hanno portato alla prima guerra mondiale affinché ci si possa ancora fermare.

IL CONTESTO STORICO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

L’idea di Nazione nata con il romanticismo dove i popoli smembrati desideravano un’unità territoriale che rispecchiasse la stessa lingua, la stessa cultura e le stesse tradizioni, con l’inizio ‘900 mutò negativamente nel nazionalismo ovvero la volontà di affermare la propria nazione per primeggiare rispetto alle altre anche attraverso l’espansionismo e al colonialismo. Tutti gli stati erano sorretti da monarchie e tutti puntavano a garantire le politiche nazionaliste e colonialistiche investendo tantissimo negli armamenti e preparandosi ad affrontare nuove guerre. Basti pensare che il generale tedesco Bernardi, tre anni prima dell’effettivo scoppio della guerra, scrisse il libro “La Germania e la prossima guerra” che conteneva tre capitoli dal titolo:

- Il diritto di fare la guerra,

- Il dovere di fare la guerra,

- Dominare il mondo o perire.

Non solo. Lo scenario della guerra era poi così prevedibile che nel 1912 il Ministro degli Esteri inglese parlando con l’ambasciatore tedesco pose questa ipotesi: “Se scoppiasse una guerra per un attacco Austriaco alla Serbia, la Russia spinta dall’opinione pubblica darebbe sostegno alla Serbia, la Germania a sua volta sarebbe quindi costretta a correre in soccorso all’Austria e la Francia sarebbe inevitabilmente coinvolta. Nessuno sa come potrebbe finire”.

LO SCOPPIO DELLA GUERRA

Al di là delle singole forti identità nazionali, in Europa vi erano due grandi schieramenti:

- la Triplice Alleanza da una parte che comprendeva il regno Austro Ungarico, la Germania e l’Italia

- e la Triplice Intesa dall’altra con Francia, Inghilterra e Russia

Le tensioni tra le nazioni erano quindi già in atto ma la scintilla scoppiò solamente il 28 giugno del ‘14 quando, un gruppo di terroristi serbi, uccise l’Arciduca Francesco Ferdinando l’erede al trono dell’Impero Austriaco

che sicuramente a breve sarebbe succeduto a Francesco Giuseppe I di Asburgo data la sua veneranda età.

In quel tempo non vi erano stati democratici formati da parlamenti ma regnavano le monarchie. Uccidendo quindi l’erede al trono significava cambiare le sorti del paese.

L’Austria spinta anche dalle pressioni dell’opinione pubblica non accettò tale torto ed il 28 luglio dichiarò di conseguenza guerra alla Serbia. Contemporaneamente la Germania, sua alleata e molto più potente in termini di capacità militari, aveva già da tempo pronti dettagliati piani che prevedevano una guerra lampo della durata di poche settimane invadendo la Francia passando dal Belgio. La macchina militare era già organizzata e pronta a spostare tutte le truppe in poche ore con la partenza contemporanea di ben 11.000 treni. Il 1° agosto dichiarò quindi guerra alla Russia e il 3 agosto alla Francia. Anche l’Inghilterra entrò subito in guerra a difesa della Francia e del Belgio. In breve tempo la guerra raggiunse una scala mondiale coinvolgendo la Bulgaria, la Persia, la Romania, il Portogallo, il Brasile, la Cina, la Grecia. Tra la fine del 14 e l’inizio del 15 in Italia l’opinione pubblica era spaccata. Gli interventisti, cioè coloro che sostenevano la necessità che l’Italia entrasse in guerra, ma anche i nazionalisti e gli imperialisti ritenevano che rimanere fuori dalla guerra voleva dire non aver peso politico. Questa linea mano a mano presero il sopravvento nell’opinione pubblica e poi nel governo mettendo in minoranza i neutralisti.

Dai documenti dell’epoca si evince che partecipare alla guerra era necessario per:

- la ricchezza,

- il dominio e il predominio;

- l’ottenimento di Trento, Bolzano e Trieste al fine di completare l’Unità Nazionale

- avere la padronanza dell’adriatico e l’incremento del mediterraneo

- avere l’influenza nei Balcani

- aumentare la nostra espansione verso levante

- “perché è importante che l’Italia partecipi alla storia del mondo”.

L’Italia tesse quindi contatti con entrambi gli schieramenti per capire da chi avrebbe ottenuto maggiori compensi.

Il 26 aprile del ‘15 decise di schierarsi con Francia, Inghilterra e Russia firmando il Patto di Londra con il quale in caso di vittoria avrebbe avuto garantite le seguenti concessioni territoriali:

- tutto l'attuale Trentino-Alto Adige

- i comuni di Magasa e Valvestino in provincia di Brescia

- la Carnia orientale

- il tratto nord-occidentale delle Alpi Giulie,

- la Venezia Giulia

- l'Istria

- la Dalmazia e le sue isole

- parte dell’Albania

- infine le colonie già italiane in Eritrea, della Somalia e della Libia

I soldati italiani combatterono nelle trincee delle montagne del Trentino, del Carso, delle Alpi Giulie per liberare quelle terre dagli austriaci e completare l’Unità Nazionale. Infine nel 1917 anche gli Stati Uniti entrarono in guerra.

FINE DELLA GUERRA

La guerra finì l’11 novembre del ‘18 con la firma da parte della Germania di un umiliante armistizio siglato su un vagone ferroviario. Dopo quattro anni di guerra si contarono 16 milioni di morti e di 20 milioni di feriti e mutilati tra militari e civili. Il 28 giugno del 19 con la firma del Trattato di Versailles, 44 Stati posero definitivamente fine alla guerra e disegnarono il nuovo assetto politico europeo. Il presidente statunitense Wilson mirò ad ottenere una "pace senza vincitori" basata sui principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli. Ogni popolazione sottomessa a una forza straniera avrebbe dovuto scegliere, su base prevalentemente etnica, la propria identità nazionale e le proprie forme di governo così, pensava Wilson, sarebbe evaporato ogni motivo di tensione internazionale. Questo compromesso in realtà scontentò tutti ponendo addirittura le basi per l'ascesa dei nazionalismi che portarono poi allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Anche l’Italia era tra questi. Con l’intervento degli Stati Uniti e di Wilson non ottenne tutto ciò che le era stato promesso con il Patto di Londra. Con i successivi trattati di Saint Germain e di Rapallo rimasero fuori l'intera Venezia Giulia, la Dalmazia settentrionale e molte isole nonché l’Albania. L'incompleta realizzazione del Patto causò grave malcontento ed agitazione in Italia, portando così al mito della Vittoria mutilata, strumento politico che contribuì in modo decisivo alla crisi del governo liberale e alla nascita ed avvento del fascismo. La data della Festa Nazionale del 4 novembre (data della firma dell’armistizio di Villa Giusti nel 1918) venne istituita nel 1919 per festeggiare la vittoria della grande guerra, le Forze Armate e il completamento dell’Unità Nazionale iniziata il secolo prima con il Risorgimento.

LE COSE NON SONO MOLTO CAMBIATE DA ALLORA, DOPO PIÙ DI 100 ANNI OSEREI DIRE CHE SONO RIMASTE QUASI LE STESSE.

Oggi guardando non solo alla guerra in Ucraina ma anche alle fortissime tensioni tra la Corea del Nord, la Corea del Sud e il Giappone senza dimenticare la situazione tra Cina e Taiwan si adducono le seguenti motivazioni o giustificazioni:

- i nazionalismi

- le rivendicazioni dei territori e dei popoli,

- il diritto di difendersi e quindi di fare quindi guerre preventive,

- il dominare il mondo o perire,

- dividere il mondo tra questo o quello schieramento,

- il diritto di autoproclamarsi giustizieri e portatori di democrazia,

- la corsa agli armamenti: averne sempre in numero maggiore, sempre più potenti, distruttivi, a lunga gittata (dagli anni 50 la costruzione di armi nucleari non si è fermata),

- i piani militari con ipotesi e scenari di guerre lampo studiati dai vertici militari e dati in pasto ai politici,

- il controllo delle merci e del commercio

Fatto questo elenco, mi interrogo su quanto diverse oggi siano le motivazioni per una guerra. Sono poi così cambiate rispetto a 100 anni fa? Forse perché in realtà l’animo dell’essere umano nonostante il passare degli anni e dei secoli non è cambiato? È per questo che ancor oggi commette gli stessi errori che ha sempre commesso? Non dimentichiamoci delle parole di Albert Einstein dopo le bombe di Hiroshima e Nagasaki nell'agosto 1945. Affranto disse: “Non so come sarà la terza guerra mondiale ma la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni”. Concludo quindi ripetendo quando affermato all’inizio: prima che tutto degeneri siamo ancora in tempo per imparare dagli errori commessi nel passato.